Concorso di bellezza a lama

martedì 14 ottobre 2008

Civiltà superiori

Anche stavolta vogliamo pubblicare un discorso molto significativo: si tratta del messaggio inviato dal capo pellerossa Seathl (dal quale prese il nome la città di Seattle), della tribù dei Duwanisch, al presidente degli Stati Uniti Pierce, nel 1855.
Qui non si intende dare nessun tipo di lezione, solo porre l' accento su come possano due culture essere così diverse e ugualmente degne di rispetto.
Purtroppo molti hanno la pretesa di giudicare altri popoli in base alle proprie convinzioni, inculcateci fin dalla nascita e che non rispecchiano mai verità assolute, e il risultato non può essere che una condanna dell' altro.
Ritengo veramente illuminante quello che disse il capo indiano un secolo e mezzo fa, spero che offra in ogni caso uno spunto di riflessione.


Il Grande Capo a Washington ci ha mandato a dire che vuole comprare la nostra terra. Il Grande Capo ci manda anche parole di amicizia e buone intenzioni.
Questo è gentile da parte sua, dato che sappiamo che lui non ha bisogno della nostra amicizia. Ma noi considereremo la vostra offerta, poiché sappiamo che se non vendiamo, l’uomo bianco può tornare coi fucili a prendersi la nostra terra.
Come potete comprare o vendere il cielo, il calore della terra? L’idea ci è estranea. Se noi non possediamo la freschezza dell’aria o il luccichio dell’acqua, come potete voi comprarli? Ogni parte di questa terra è sacra per la mia gente.
Ogni splendente ago di pino, ogni spiaggia sabbiosa, la bruma delle scure foreste, ogni radura e ogni insetto ronzante sono sacri nella memoria e nelle esperienze della mia gente. La linfa che scorre negli alberi trasporta i ricordi dell’uomo rosso.
I morti dell’uomo bianco dimenticano il paese della loro nascita quando vanno a camminare tra le stelle. I nostri morti non dimenticano mai questa bella terra, poiché essa è la madre dell’uomo rosso. Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono le nostre sorelle; il daino, il cavallo, la grande aquila, questi sono i nostri fratelli.
Le creste rocciose, le essenze delle praterie, l’impeto del puledro e l’uomo, tutto appartiene alla stessa famiglia. Così, quando il Grande Capo a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra ci chiede molto. Il Grande Capo ci fa sapere che ci riserverà un luogo dove vivere comodamente. Egli sarà nostro padre e noi saremo i suoi figli.
Quindi considereremo la vostra offerta di comprare la nostra terra. Ma non sarà facile. Questa terra è sacra per noi. L’acqua scintillante che scorre nei ruscelli e nei fiumi non è solo acqua, ma il sangue dei nostri antenati. Se noi venderemo la nostra terra, voi dovete ricordare che essa è sacra e dovete insegnare ai vostri bambini che essa è sacra e che ogni riflesso spettrale nell’acqua chiara dei laghi ci narra gli eventi e i ricordi della vita della mia gente.
I fiumi sono nostri fratelli, essi placano la nostra sete. I fiumi trasportano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se vi vendiamo la nostra terra, voi dovete ricordare ed insegnare ai vostri figli che i fiumi sono nostri fratelli, e vostri, e dovete, d’ora in poi, trattare i fiumi con la gentilezza con la quale trattereste un fratello. L’uomo rosso si è sempre ritirato davanti l’avanzata dell’uomo bianco come la foschia delle montagne si dilegua dinnanzi al sole del mattino. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre.
Le loro tombe sono luoghi sacri e così anche queste colline, questi alberi; questa parte di terra è consacrata per noi. Noi sappiamo che l’uomo bianco non capisce il nostro modo di vivere. Per lui, una parte di terra è uguale all’altra, dato che è uno straniero che giunge di notte e prende dalla terra qualsiasi cosa gli serve.
La terra non è sua sorella, ma sua nemica, e quando l’ha conquistata, se ne va. Si lascia alle spalle le tombe dei suoi padri e non se ne cura. Strappa la terra ai suoi figli e non se ne cura. Egli dimentica le tombe dei suoi padri ed i diritti di nascita dei suoi figli. Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come oggetti da comprare, da saccheggiare, da vendere come pecore o collane lucenti. Il suo appetito divorerà la terra e si lascerà alle spalle solo il deserto. Non so. I nostri modi sono diversi dai vostri. La vista delle vostre città rattrista l’uomo rosso.
Ma forse è perché l’uomo rosso è selvaggio e non capisce. Non ci sono luoghi quieti nelle città dell’uomo bianco. Nessun luogo in cui udire il fruscio delle foglie in primavera o il battito delle ali di un insetto. Ma forse non capisco perché sono un selvaggio. Il frastuono sembra solo ferire l’orecchio. E cosa resta nella vita se l’uomo non può ascoltare il richiamo solitario del lupo o le discussioni delle rane intorno ad uno stagno di notte? Io sono un uomo rosso e non capisco.
Gli Indiani preferiscono il delicato rumore del vento che increspa la superficie di uno stagno e il profumo del vento stesso, purificato dalla pioggia di mezzogiorno o aromatizzato dal pino. L’aria è preziosa per l’uomo rosso, dato che tutte le cose dividono lo stesso respiro: la bestia, l’albero, l’uomo, tutti condividono lo stesso respiro. L’uomo bianco non sembra notare l’aria che respira. Come l’uomo morente, egli è insensibile al fetore.
Ma se noi vi vendiamo la nostra terra, voi dovete ricordare che l’aria ci è preziosa, dovete ricordare che l’aria condivide il suo respiro con tutta la vita che sostiene. Il vento che donò a nostro nonno il suo primo respiro, riceve anche il suo ultimo sospiro. E il vento deve dare anche ai nostri figli lo spirito della vita. Se vi vendiamo la nostra terra, voi dovete tenerla separata e considerarla sacra, come un luogo dove persino l’uomo bianco può andare a gustare il vento addolcito dalla fragranza dei fiori delle praterie.
Così, noi considereremo la vostra offerta di comprare la nostra terra. Se decideremo di accettare, porrò una condizione: l’uomo bianco dovrà trattare gli animali di questa terra come fratelli. Io sono selvaggio e non capisco altri modi di vivere. Ho visto migliaia di bisonti imputridire nella prateria, uccisi dall’uomo bianco che ha sparato loro da un treno in corsa.
Io sono un selvaggio e non capisco come il cavallo d’acciaio che sputa fumo possa essere più importante del bisonte che noi uccidiamo solo per sopravvivere. Cos’è l’uomo senza le bestie? Se tutti gli animali fossero scomparsi, l’uomo morirebbe per la grande solitudine di spirito. Infatti, qualsiasi cosa succeda agli animali, presto accade anche all’uomo.
Tutte le cose sono legate tra loro. Dovete insegnare ai vostri figli che la terra sotto i vostri piedi è la cenere dei nostri nonni. Affinchè rispettino la terra, dite ai vostri bambini che essa è arricchita dalle vite dei nostri antenati. Insegnate ai vostri bambini quello che noi abbiamo insegnato ai nostri figli: che la terra è nostra madre.
Qualsiasi cosa accada alla terra, accade anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su loro stessi. Noi sappiamo questo: la terra non appartiene all’uomo, l’uomo appartiene alla terra. Noi sappiamo questo: tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce una famiglia. Tutte le cose sono unite tra loro. Qualsiasi cosa accada alla terra, accade ai figli della terra. L’uomo non ha tessuto la stoffa della vita, è solo un filo di essa.
Qualsiasi cosa lui faccia alla stoffa, lo fa a se stesso. Ma noi considereremo la vostra offerta di andare nella riserva che avete offerto alla mia gente. Vivremo appartati ed in pace. Importa poco dove trascorreremo il resto dei nostri giorni. I nostri bambini hanno visto i loro padri umiliati nella disfatta. I nostri guerrieri hanno provato vergogna e dopo la sconfitta hanno trascorso i loro giorni nella pigrizia e contaminato i loro corpi con cibi dolci e bevande forti. Importa poco dove trascorreremo il resto dei nostri giorni.
Non sono molti. Ancora poche ore, pochi inverni e nessuno dei nostri figli delle grandi tribù, che una volta vivevano su questa terra o che si aggirano ora in piccole bande nei boschi, rimarranno a lamentarsi sulle tombe di un popolo una volta potente e pieno di speranza come il vostro. Perché dovrei piangere la scomparsa della mia gente? Le tribù sono fatte di uomini, niente di più.
Gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Persino l’uomo bianco, il cui Dio cammina con lui e gli parla da amico ad amico, non può essere esonerato dal destino comune. Noi possiamo essere fratelli, dopotutto; staremo a vedere. Una cosa sappiamo, che l’uomo bianco potrà forse scoprire un giorno: il nostro Dio è lo stesso Dio. Ora voi potete pensare che Egli vi appartenga, così come volete possedere la nostra terra, ma non è così. Egli è il Dio dell’uomo e la Sua compassione è uguale sia per l’uomo rosso che per quello bianco.
Questa terra è preziosa per Lui e danneggiarla significa disprezzare il suo Creatore. Anche i bianchi scompariranno, forse anche prima di tutte le altre tribù. Ma nel vostro perire risplenderete vividamente, infiammati dalla forza del Dio che vi ha portato in questa terra e che per qualche scopo speciale vi ha dato il dominio su di essa e sull’uomo rosso.
Quel destino è un mistero per noi, poiché non comprendiamo perché i bisonti sono stati tutti macellati, i cavalli selvaggi domati, i sacri angoli della foresta appesantiti dall’odore di molti uomini e la vista delle rigogliose colline disturbata dai fili parlanti. Dov’è la macchia? Sparita. Dov’è l’aquila? Sparita. E che cosa significa dire addio al puledro e al cacciatore? La fine della vita e l’inizio della sopravvivenza. Comunque considereremo la vostra offerta di comprare la nostra terra. Se accetteremo sarà per assicurarci la riserva che ci avete promesso. Là, forse, potremo vivere i nostri brevi giorni come vorremmo.
Quando l’ultimo uomo rosso sarà svanito da questa terra e la sua memoria sarà soltanto l’ombra di una nuvola che passa sulla prateria, queste spiagge e queste foreste ospiteranno ancora gli spiriti della mia gente. Perché essi amano questa terra come il neonato ama il battito del cuore di sua madre.
Così, se vi venderemo la nostra terra, amatela come noi l’abbiamo amata. Abbiatene cura come ne abbiamo avuto cura noi. Tenete nella vostra mente il suo ricordo di com’era quando l’avete presa. E con tutta la vostra forza, con tutta la vostra mente, con tutto il vostro cuore, preservatela per i vostri figli ed amatela … come Dio ama tutti noi.
Una cosa noi sappiamo. Il nostro Dio è lo stesso Dio. Questa terra è preziosa per Lui. Persino l’uomo bianco non può essere esonerato dal destino comune. Possiamo essere fratelli, dopotutto.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

*** articolo di giornale ***

In un clima disteso di fratellanza e benevolenza, con tanto di messaggi di pace e scambi di regalo, si è svolta sabato mattina una inedita cerimonia che ha visto sedere sugli stessi tavoli il sindaco, il presidente del Consiglio ed i consiglieri comunali delle città polacche di Prudnick e San Giustino, ospiti nell’aula consiliare del capoluogo sangiustinese.

Una delegazione complessivamente composta da 40 persone che dalla Polonia hanno raggiunto San Giustino in occasione della Fiera dei Sapori e dei Mestieri, ed hanno così suggellato ancora il patto di gemellaggio che lega le due città con una cerimonia formale che ha visto i due sindaci Fabio Buschi e Franciszeck Fedjdyck fianco a fianco.

Il sindaco Buschi ha aperto la cerimonia ringraziando i polacchi «per aver accettato l’invito di giungere a San Giustino, una cittadina particolarmente votata ai gemellaggi. Quello con Prudnick è ormai un patto storico che va avanti da anni e ricco di prospettive per il futuro sia con collaborazioni e scambi nel mondo produttivo, della scuola e della cultura, nonostante i tempi che stiamo attraversando siano particolarmente difficili».

Di seguito i vicesindaco Massimiliano Rossi ha ripercorso le tappe del gemellaggio con la città polacca stretto «per la prima volta nel 2002 col sindaco Frullani e poi proseguito fino a rafforzarsi con scambi e viaggi anno dopo anno. Ormai _ ha detto sorridendo Rossi _ i nostri colleghi polacchi sono divenuti facce note e familiari»!.

Sia il sindaco che Rossi hanno salutato consiglieri e assessori, ma soprattutto i rappresentanti delle forze dell’ordine polacchi e sangiustinesi (carabinieri, polizia municipale). Infine, prima di un lungo e affettuoso scambio di presenti (prodotti tipici, spille dei Comuni) intercorso tra i sindaci e gli altri esponenti, ha preso la parola il primo cittadino polacco Fedjdyck che ha usato toni entusiastici per suggellare questo patto di amicizia invitando il Consiglio comunale di San Giustino a recarsi a Prudnick la prossima primavera in occasione di un Festival interamente dedicato ai giovani.
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qualcuno mi spiega l'utilità di queste cose? sarò superficiale, ma trovo che siano delle grandi perdite di tempo e cose prive di significato, dal momento che questi gemellaggi nn servono a niente! il giornalista parla di "patto storico che va avanti da anni e ricco di prospettive per il futuro sia con collaborazioni e scambi nel mondo produttivo, della scuola e della cultura"...ma qualcuno sa realmente dirmi di qualche collaborazione/ritorno economico da questa cosa? ma per favore nn prendeteci in giro è solo un altro spreco di denaro e la possibilità per il sindaco e quant'altri di farsi un viaggietto!!! un consiglio? la prossima volta gemellatevi con una città un pò più bella, almeno vi godete di più la vacanza che farete!

Anonimo ha detto...

sono d'accordo con te, io personalmente ho usufruito di questo gemmellaggio per fare delle gite con la banda a Prudnick, dove oltretutto non è che ci sia granchè da vedere..ma ancora non capisco a che serve questo gemellaggio. E poi non siamo già gemellati con Carros, gattieres e Le broc in Francia?

Anonimo ha detto...

Non per fare la malalingua, ma si sente dire da più parti che uno dei motivi principali di questi gemellaggi è di andare a fare del turismo sessuale, e non solo dai bandisti.........